Calo delle nascite in Italia: un trend negativo su cui costruire il futuro

Calo delle nascite in Italia? Tutto vero e tutto molto pericoloso. Non è lo slogan di qualche campagna politica populista ed acchiappa-voti ma il resoconto del rapporto sulla “Natalità e fecondità della popolazione residente” dell’ISTATIl popolo italiano cammina sempre più velocemente verso l’estinzione! Secondi i dati in possesso dall’Istituto di Statistica Nazionale, in 8 anni  si sono registrate ben 100mila nascite in meno. Di base c’è la constatazione, lato stile di vita, che sempre più alta è la percentuale di donne che ha stabilito di non voler avere figli. In calo ci sono anche le nascite da coppie straniere. Vi cosa potete farci? Non siamo qua a sperare che vi riproduciate, non è compito nostro. Siamo qua, invece, a spiegarvi che questi scenari futuri della popolazione italiana, belli o brutti che saranno, dovranno essere gestiti da professionisti. Se avete voglia di cogliere per tempo una nicchia del mercato del lavoro, eccone una. Vediamo più nel dettaglio di questa guida l’argomento generale e come esso si declina con l’offerta formativa dell’università Niccolò Cusano. Buona lettura.

Il calo delle nascite in Italia è una realtà concreta che sta crescendo e sempre più crescerà nei prossimi anni. Pensate che nel 2016 all’anagrafe sono la cicogna ha portato solo 473.438 bambini, cioè oltre 12mila in meno rispetto al 2015. Allargare l’analisi è ancora peggio. Nell’arco degli ultimi otto anni, infatti, e cioè dal 2008 al 2016, gli arrivi di bebè sono diminuiti di oltre 100mila unità. Scoprire la fonte di questi dati fa ancora più male. Si tratta dell’ISTAT che snocciola queste informazioni nel suo rapporto sulla “Natalità e fecondità della popolazione residente”.

La vera falla della popolazione italiana sta tutta nelle nascite da coppie di genitori entrambi italiani. I bimbi derivanti da questa tipologia di coppia, infatti, scendono a 373.075 nel 2016 (oltre 107mila in meno in questo arco temporale). Perché? Principalmente per due cause:

  1. le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose;
  2. le donne italiane in età riproduttiva mostrano una propensione decrescente ad avere figli.

I dati che raccontano questo sfacelo sono tanti. Si può, per esempio, constatare anche la diminuzione dei primi figli, passati da 283.922 del 2008 a 227.412 del 2016 (-20% rispetto a -16% dei figli di ordine successivo). Anche i nati all’interno del matrimonio non se la passano bene: nel 2016 sono solo 331.681 (oltre 132mila in meno in soli 8 anni). In quest’ultimo caso, a dire il vero, non ha giovato per nulla il forte calo dei matrimoni, che ha toccato il minimo nel 2014, anno in cui sono state celebrate appena 189.765 nozze (57 mila in meno rispetto al 2008).

Se qualcuno sta pensando che la diminuzione della popolazione italiana riguardi solo i connazionali di prima generazione si sbaglia. C’è un grosso segno negativo anche davanti alle nascite da genitori stranieri. Dal 2012 -7mila i nati con almeno un genitore straniero, pari a poco più di 100mila nel 2016 (21,2% del totale). I nati da genitori entrambi stranieri vanno ancora più giù. Nel 2016 scendono per la prima volta sotto i 70mila.

Rapporto annuale ISTAT sulla PopolazioneIl Rapporto Annuale Istat sulla Popolazione

La definizione di questo documento dell’ISTAT si trova ovunque sul web. Si tratta, di base, di una fotografia fedele dello status quo dell’Italia dell’anno precedente. Analizza nascite, morti ed occupazione per fare da termometro sullo stato della democrazia nostrana e, soprattutto, sugli scenari possibili che ci si deve aspettare gli anni successivi. E’ giunto alla venticinquesima edizione.

L’ultima edizione, appena uscita, evidenzia che “il numero medio di figli per donna in Italia continua a decrescere senza soluzione di continuità. Si va dai 2,5 figli delle donne nate nei primissimi anni Venti (cioè subito dopo la Grande Guerra), ai 2 figli per donna delle generazioni dell’immediato secondo dopoguerra (anni 1945-49), fino a raggiungere il livello stimato di 1,44 figli per le donne della generazione del 1976″. In parallelo ea conferma di questi numeri, si registra un sensibile aumento della quota di donne senza figli. Pensate che, nella generazione del 1950, tale quota è stata dell’11,1%,, in quella  del 1960 del 13% e in quella del 1976 si stima che raggiungerà (a fine del ciclo di vita riproduttiva) il 21,8%.

Ora che questa bussola per viaggiare nel futuro dell’Italia vi ha indicato il Nord, ricordatevi che in quel futuro ci sarà anche il vostro lavoro. Leggete il tutto tra le righe e cioè usando queste rilevazioni statistiche per capire in quali nicchia mettervi. L’offerta didattica di Unicusano, in tal senso, vi aiuta perché fornisce dei master ideali per darvi quelle competenze necessarie a gestire un paese dove le etnie saranno davvero molte. Ecco di cosa si tratta.

Come diventare esperto di gestione dei flussi migratori

L’attualità e la cronaca della stampa dimostrano che l’emergenza migranti in Italia è enorme. Con gli sviluppi che ha raccontato l’Istituto Nazionale di Statistica sarà un tema ancora più caldo. Sempre meno italiani sul suolo e sempre più stranieri, alcuni residenti e molti altri di passaggio. Come occuparsene? Con i giusti professionisti tra cui potreste esserci anche voi. Come? Seguendo con profitto il master di secondo livello in “Esperto in politiche e gestione dei flussi migratori”.

I numeri del master in gestione della migrazione sono abbastanza classici per l’offerta del nostro Ateneo. Avete 1500 ore di lezioni in video, e cioè con formazione a distanza su piattaforma di eLearning, ed avete 60 crediti formativi universitari riconosciuti a titolo conseguito. Le materie da affrontare sui libri, invece, vanno oltre le 10/12 degli altri corsi di specializzazione post laurea perché la lista è davvero lunga ed invitiamo a scoprirla dal sito.

Colpisce che per diventare esperti gestori di flussi migratori si debba avere una preparazione inter-disciplinare. Studierete, infatti, dai movimenti migratori all’invecchiamento e il welfare. Dalle caratteristiche del fenomeno migratorio a livello europeo alla la dicotomia frontiera comunitaria-controllo dei singoli. Dalla politica migratoria specifica dell’Italia alle sue evoluzioni e prospettive nel prossimo decennio. Avrete, insomma, un know-how unico. Da spendere dove?

E’ chiaro che gli sbocchi professionali di un esperto di migrazioni siano nella Pubblica Amministrazione ma anche in tutte quelle ONG che, per statuto, aiutano le persone in difficoltà di questo tipo. Non solo. Potrete anche lavorare nella sicurezza perché Polizia, Carabinieri, Esercito ed Intelligence dovranno sempre più confrontarsi con questo tema.

Lavorare come operatore dell’immigrazione

Non solo master per trovare lavoro nell’Italia del prossimo futuro. Se è vero che la nostra popolazione andrà sempre più scemando e che agli italiani di prima generazione si aggiungeranno fortemente quelli stranieri, molto utile sarà chi avrà completato il corso di perfezionamento e aggiornamento professionale in “Operatori per l’immigrazione e l’integrazione”.

Chi può studiare come operatore dell’immigrazione? Chiunque sia in possesso di diploma ma, per la sua estrinseca materia di fondo, il corso è ideale anche e soprattutto per chi già opera nel settore della sicurezza nazionale ed internazionale. Che siate poliziotti, carabinieri, militari o dipendenti dei Servizi Segreti, qua otterrete quel salto di qualità che vi farà fare carriera.

Lavorare come operatore dell’immigrazione non sarà facile perché la posizione geografica (e storica) del nostro paese ci rende il porto di tutti. Gli sbarchi clandestini sono all’offrine del giorno ed ottenere un controllo su questi arrivi è impresa argonautica. Per questo sono previste 1500 ore di lezioni in video, erogate 24 ore su 24 su piattaforma eLearning, e per questo sono riconosciuti, dopo l’ok della Commissione d’Esame, ben 60 Crediti Formativi Universitari – CFU.

Quanto costa essere esperti di immigrazione? Com noi costa 1100 euro tutto incluso (si intende anche tutti i materiali didattici facilmente scaricabili dal sito). La quota potrete pagarla di due comode rate divise tra loro da 30 giorni lavorativi e sono previste forti scontistiche per tantissime categorie. La pagina delle convenzioni di Unicusano aspetta che voi la leggiate per bene.

Gli sbocchi professionali degli esperti in Anti Terrorismo

E col master di primo livello in “Antiterrorismo Internazionale” cosa ci fate? Imparate a mettere in sicurezza il vostro paese con una professionalità moderna che sul territorio è tutt’altro che comune e con un know-how pratico che sarà molto amato dai soggetti che abitualmente sono chiamati in causa in questo settore.

Cosa sa fare un esperto in Anti Terrorismo? Saprete agilmente muovervi in questi campi:

  1. avere una completa e sempre aggiornata conoscenza del terrorismo internazionale;
  2. saper preconizzare le evoluzioni delle zone calde del mondo;
  3. saper gestire i principali metodi di indagine e contrasto al terrorismo internazionale;
  4. sviluppare soluzioni fattive ai problemi logistici degli attacchi terroristici.

Giunti a questo punto dell’intreccio tra calo della nascite in Italia e possibili nuovi bisogni del paese, vi chiederete quali sono gli sbocchi professionali degli esperti in Anti Terrorismo. La risposta comprende tutti quei settori che hanno a che fare con la sicurezza e, quindi, come ben spiega il sito ufficiale dell’università, delle seguenti categorie:

  1. Appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate;
  2. Magistrati;
  3. Funzionari Pubblici (Presidenza del Consiglio, Ministero degli Interni, Ministero della Difesa);
  4. Ricercatori, Studiosi, Analisti di sicurezza interna, antiterrorismo, intelligence e politica internazionale;
  5. Giornalisti;
  6. Operatori privati nel settore della sicurezza;
  7. Neolaureati in materie giuridiche e umanistiche.

Ora che avete connesso lo sconcertante calo delle nascite in Italia con la possibilità che avete di diventare professionisti di questi scenari, non vi resta che non fermarvi qua. Questa è una guida ed è ben fatta ma non dovete dimenticare che i dati da considerare per ponderare al meglio una strada formativa sono tanti e non possono essere inclusi in un solo articolo. Molti di essi li potrete evincere dal web ma molti altri emergeranno da soli dalla lettura degli articoli che mettiamo, con costanza, nel nostro blog universitario di Cuneo. Non solo. Tenete sempre a mente che, attraverso l’apposito form informativo, siamo disponibili per rispondere a tutte le domande dirette che ci porrete.


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